Da "L'Ordine Fascista"
del 30 settembre 1925.
anche in " Conquista dello Stato" del 25 settembre 1925.
Pamphlet contro "Parte Guelfa"
Si fa un gran parlare, da qualche tempo, di certi popolari
trasformatisi in guelfi. Dopo l'intervista accordata dai
guelfi al "Giornale d'Italia", non c'è più speranza per le
poche bande ghibelline rimaste in piedi qua e là per le
Provincie, e persino nella Capitale, non ostante i rovesci
di fortuna cui sono state sottoposte dal tempo di Calandrino
a oggi. Non c'è più speranza memmeno per gli italiani boni
viri, che la politica intendono soltanto sotto specie familiare
e non vogliono occuparsi di cani con le gambe torte. I
gazzettieri non riparano: sudati e paonazzi vanno in giro
per le sacrestie in cerca di guelfi, o si affannano a rifare
la cronaca delle dolorose vicende di Beatrice Cenci, da
quando hanno saputo che uno dei fondatori di «Parte
Guelfa» si chiama Giulio Cenci ed è, così pare, un discendente
di Beatrice. Sarà bene,1e ogni modo ricordare che il
difensore di Beatrice, nel famoso processo, si chiamava
Prospero Farinacci. Ed oggi un Farinacci, oh ingratitudine
della storia e delle parentele, si è messo contro un Cenci!
Questi guelfi non hanno buoni propositi. Debbono
certo camminare con lo stocco nel bastone. Alcuni di loro
si vantano di essere stati valorosi combattenti sul Carso o
giù di lì, con lo stesso animo col quale Sant'Ignazio di
Loyola, loro padrino, si vantava d'essere stato uomo d'arme
e capitano di ventura. Bisognerebbe sapere,però,se hanno
fatto la guerra da guelfi o da ghibellini, e se quelli di loro
che alla guerra non hanno preso parte (male! malissimo!)
ne sono stati lontani per quello stesso animo che allontanò
dalle armi Sant'Ignazio ,o per quello che anni or sono consigliò
ai quacqueri di non partire per i campi di Fiandra.
Chi ci salverà dunque dall'ira di Parte Guelfa? che
cosa dovremo invocare, appo loro, per aver salva la pelle?
Quale santo, quale vergine, quale profeta, quale martire?
Siamo cattolici anche noi, ma dubitiamo che la qualità di
cattolico non basti più a ottener grazia da questi arrabbiati.
Ci rivolgeremo per consiglio a Silvio D'Amico.Egli,che
sa quali sono le strade che portano a Roma, ci saprà bene
indicare una scorciatoia, una viottola, una scappatoia qualsiasi
per non essere presi, arrotati, sferzati, squartati e infine
arsi sul rogo da questi monàtti di Parte Guelfa!
***
Ma non sarebbe meglio rivolgerci per consiglio a
Tullio Tamburini, al nostro amico Tullio Tamburini, ferreo
console della ferrea "Francesco Ferrucci" di Firenze? Ave=
vamo dimenticato che noialtri fascisti fiorentini ci consideravamo
e ci facevamo chiamare guelfi, con tutto l'orgoglio
della guelfissima tradizione della nostra città.
Andremo dunque da Tamburini e gli terremo questo
discorso in buono toscano. (Riportiamo anzi, fin d'ora,il
dialogo che si svolgerà fra noi e lui):
Noi:- Caro Tamburini, aiutaci! Siamo perseguitati a
morte da una banda di arrabbiati mangiafascisti e mangiaitaliani,
che pretendono di farci a pezzi in nome di Gesù.
Tamburini: - Chi sono? .Dove sono?
Noi: - Son quelli di Parte guelfa.
Tamburini: - Di Parte Guelfa?! Vengono dunque per
riprendersi il Palazzo che abbiamo restaurato coi denari del
Comune e del Fascio?
Noi: - Son capaci di tutto: Certo bisognerà che tu
mandi una squadra a presidiare il Palazzo di Parte Guelfa.
Tamburini: - La vedremo.Intanto,a Firenze e in Italia,
di guelfi sul serio non ci siamo che noi della Legione Ferrucci.
Gli altri son tutti sovversivi e antinazionali,ghibellini
mascherati,senza pudore e senz'osso.La vedremo.
Noi: - Ma bisogna far presto!
Tamburini: - Li legnerò.
Noi:- Ma stanno per arrivare!
Tamburini:- Li fermerò a mezza strada e li manderò
a pigliare con la Misericordia.
Noi:- Ma sono in parecchi!
Tamburini:- Ne buscheranno come ciuchi.
Noi:- Ma il papa protesterà!
Tamburini:- Lo farò rimbeccare da Padre Pistelli!
Tale sarà il dialogo che si svolgerà fra noi e Tamburini.
Gli diremo, anzi, per aizzarlo maggiormente contro i
mangiafascisti antinazionali di Parte Guelfa, che, durante
l'assedio di Firenze, Carlo V e Clemente VII s'eran messi
d'accordo per fare i guelfi insieme, a danno della guelfissima
Città nostra, e che i lanzi luterani che ammazzarono
a Gavinana Francesco Ferrucci, dal qual nome s'intitola la
Legione di Tamburini, eran tutti guelfi briachi, o meglio
guelfacci sovversivi da trattar con i bastoni a maggior gloria
della libertà di Parte Nostra.
- Ah! vigliacchi! - urlerà Tamburini- Dunque tutti
questi Cenci, e il Giordani,il Carnazza,il Fenu e il fratello
di Beatrice, son Maramaldi come quell'altro! Se gli è così,
gli hanno a sputare i denti della parte del piloro, che è,
anche quella una Parte Guelfa!"
***
Ma son poi, questi guelfi, cattolici o luterani? A sentir
loro, parrebbero gesuiti, ma, a sentire il P. Tacchi Venturi
e la Compagnia di Gesù, sembrerebbe di no. E allora?
Saranno forse partigiani del Partito Popolare. A leggere il
Popolo si potrebbe credere che fosse così, ma a sentire
quelli della Direzione del P. P. ci sarebbe da credere il
contrario. Sono dunque cattolici militanti,in segreto accordo
col cardinale Gasparri? Ohibò! Non avete letto l'Osservatore
Romano? Questi guelfi non sono nemmeno d'accordo col
cardinale Gasparri. E allora? Allora vuoi dire che, o non
son nulla, o sono una specie di luterani che bestemmiano
- forte per darsi l'aria di cattolici!
Abbiamo trovato! Debbono essere protestanti; segretamente,
zitti zitti, in punta di piedi, alla chetichella, alla
spagnolesca, alla matriciana, ma son protestanti. Sono allievi
del P.Tacchi Venturi. ma, piantato in asso il primo maestro,
fanno lega, oggi, con l'austero Gangale,irriducibile avversario
del fascismo, dello spirito italiano, di P.Tacchi Venturi,
della Compagnia di Gesù, dello spirito cattolico e della
gente devota che va a messa senza stocco nel bastone,
avversario irriducibile,insomma,di tutto ciò che gli eretici
di Parte Guelfa odiano e combattono. Ora è spiegata la
segreta alleanza fra "conscientia" e " Parte Guelfa "!
E se noi fossimo in errore? Se i nostri argomenti non
avessero fondamento? Andiamo dunque a vedere che cosa
c'è scritto nei testi.
Apriamo la "Vita di Sant'Ignazio di Loyola" del P.
Pietro Ribadeneira,tradotta dal castigliano da Giovanni
Giolito De' Ferrari, Libro Primo, Capo Terzo, edizione della
"Civiltà Cattolica.. (Roma, 1863), a pago 13:
"Seguiva Ignazio,come si è detto, il suo viaggio al
Monte Serrato e s'incontrò a caso in uno di quei Mori,
che in quel tempo erano ancora rimasti in Ispagna nei Regni
di Valenza e d'Aragona. Cominciarono ad andare insieme
ragionando, e d'una in altra cosa passando, vennero
a trattare della verginità e purità della gloriosissima Vergine.
Concedeva il Moro, che la beata Madre nel parto e avanti
parto fosse stata vergine, poichè così conveniva alla grandezza
e maestà dél suo figliuolo, ma che dopo il parto
tale non era stata: e per provar ciò adduceva molte false
e apparenti ragioni, le quali tutte erano da Ignazio abbattute
e mandate a terra,' procurando all'incontro con ogni sua
forza di disingannare il Moro e farlo venire in cognizione
della verità: ma ciò non potè effettuare, poichè, spronando
il cavallo, quegli repentinamente da Ignazio si tolse,lasciandolo
solo e molto dubbioso e irresoluto di quello che si
avesse a fare: perciocchè non ben sapeva se la fede, della
quale faceva professione, e la pietà cristiana l'obbligasse a
correr dietro al Moro, e indi trovatolo, dargli delle pugnalate
per la sfacciata audacia ed imperioso ardire che aveva
avuto di parlare senza alcuna vergogna in disprezzo della
beata e sempre immacolata Vergine".
Ohibò! quì non c'è dubbio. Questo Ignazio ragiona,
in fatto di pugnalate,come uno qualunque di Parte Guelfa:
e quel Moro, quel Moro che nega la verginità della Madonna,
quel Moro sacripante è Gangale, è proprio Gangale,
l'avevamo ben detto ch'era Gangale!
***
È vero, ci potranno obiettare, è vero che Ignazio e il
Moro cavalcarono insieme per qualche tempo,discutendo
sullo stradone polveroso di Monte Serrato: ma non si trovaron
d'accordo, e poco mancò, Dio ne scampi, che non
si scambiassero dopo le idee, anche le pugnalate. L'obiezione
è giusta; ma noi potremmo vittoriosamente replicare
che non deve parer strano che gli allievi di P. Tacchi Venturi,
educati nei collegi della Compagnia fondata da Sant'Ignazio,
possano far lega, Dio ne scampi,col luterano
Gangale erede ideale degli argomenti di quel Moro famoso. Poi-
chè non può far meraviglia che gli allievi si mettano d'accordo,
quando poco è mancato che non si mettessero d'accordo
i maestri.Abbiamo infatti ragione di credere che se
Ignazio e il Moro avessero continuato a cavalcare insieme
per lo stradone di monte Serrato, avrebbero certamente finito
per intendersela e per mutar d'abito ambedue nel vicino convento
di San Benedetto. A quest'ora i fondatori della compagnia
di Gesù sarebbero due: Ignazio e il Moro.
***
Tutto procede con ordine,in casa Cenci,come se la
Provvidenza fosse anch'essa di parte Guelfa.Non si era
mai visto, dopo l'infortunio di Beatrice,un così provvido
caso,La tradizione guelfa non manca d'eresie, ed inutile
far nomi e addurre fatti in testimonianza, quando ognuno ri-
corda il glorioso destino di quel ferrarese matto piovuto a
Firenze a fare il guelfo sul serio. Il rogo acceso in Piazza
della Signoria può essere un argomento di consolazione per
la banda di Giulio Cenci: tra guelfo ed eretico il passo è
breve,talvolta,nè può far meraviglia,perciò,che il consang-
uineo di Beatrice e l'austero Gangale, vegetariano,sì, ma
fìlantropo,abbian finito per trovarsi d'accordo come se
avessero cavalcato insieme fin oltre Mauresa.
Messi a1la porta da P.Tacchi Venturi,sconfessati dal
Vaticano,invitati a desinare,ma di venerdì, dal "Popolo",
dimenticati dal proprio Partito, quale strada rimaneva aperta
ai guelfj? Una sola: ma prima d'imboccarla pensarono
bene di fermarsi a discutere se conveniva prender quella
o un'altra, visto che era quella l'unica strada rimasta.Si
misero a discutere, ma tale era il clamore che facevano, per
l'abitudine che avevano di scrivere a voce alta, che non riu-
scirono nemmeno a farsi udire tra loro.
Quand'ecco lemme lemme, da un boschetto d'arcipressi
che incoronava la collina, uscire e venire innanzi l'austero
Gangale,protestante bonario con sè, e a strabiliare con gli altri,
cammmando con le mani dietro la schiena e gli occhi in
aria al modo dei luterani, che son tutti, come si sa, preti
di se medesimi.
Quando furono a pochi passi l'uno dagli altri,avvenne
che s'incontrarono; e, annusatisi appena, si riconobbero
e se la intesero. Fu convenuto che non avrebbero mai
discusso di religione, ma di politica, e di certa politica
soltanto. Il Cenci, ricordandosi di quel che aveva scritto
in un preambolo al primo fascicolo di "Parte guelfa ", stabilì
che si sarebbe fatta insieme opera di conquista: "Conquista
del cattolicesimo attraverso l'azione sociale e politica".
Il luterano Gangale non trovò nulla a ridire,convenendo in
cuor suo che quella "conquista del cattolicesimo" era anche
nei suoi propositi e ch'era già stata annunciata da Lutero per
consiglio di Melanchton. Della verginità della Madonna non
si fece parola, ma furon d'avviso di orientarsi, da quel
giorno, secondo dieci punti cardinali, ch'eran poi i Dieci
Comandamenti; li discussero ad uno ad uno e si trovaron
d'accordo su tutti tranne su quello che intima, «Non avrai
altro Dio fuori di me». Per non venire a questione, convennero
che di quel comandamento non si sarebbe mai
dovuto parlare e che avrebbero agito sempre come se i punti
cardinali fossero stati nove.
Ciò detto e stabilito tutti quegli Ignazi si misero in
cammino dietro a quell'unico Moro, guardandosi l'un
l'altro con aria di furberia e di compatimento, come
ognuno credesse d'averla fatta al compagno, e ripetendo
ciascuno in cuor suo, persuaso d'essere il solo ad aver
ragione, le sette parole fatali dell'eresia; «Non avrai altro
Dio fuori di me:- Ma il più sicuro e il più persuaso era
Gangale, che sapeva bene di essere, tutto in una volta, al
modo luterano, Padre, Figlio e Spirito Santo di se medesimo.
***
Così vanno le cose, almeno per ora, in casa Cenci.Ma
non è più un mistero per nessuno che son già cominciate le
liti per la ripartizione delle cariche; ciascuno vuoi essere lo
Spirito Santo, e non c'è verso che si possano intendere.
Finiranno per cavare gli stocchi dai bastoni e gli argomenti
dall'Aquinate o da Kant. Tutti sono in arme e si
guardano in cagnesco:se gli occhi potessero mordere, a
quest'ora si sarebbero già sbranati fra loro. Ma nessuno
ha il coraggio di farsi sotto: guai se scoprissero che Gangale,
in fondo. è un ghibellino!Quelluterano,prete di se me-
desimo, dovrebbe pensare a darsi per proprio conto l'estrema
unzione.
Finiranno dunque per trascinarsi a vicenda sul rogo?
Tale sarà il destino di Parte Guelfa, se il Moro e gli Ignazii
non si metteranno d'accordo. Intanto, per fortuna, hanno
deciso di far da Spirito Santo un giorno per uno, a turno. Oggi
è toccato a Cenci, domani toccherà a Giordani. Ultimo sarà
Gangale. E già, mentre il cielo precipita ancora una volta
oltre le Colonne d'Ercole, l'austero Gangale, il più casto e
pudico dei guelfi sebbene egli non creda al dogma dell'Immacolata
Concezione, pensa al giorno in cui sarà finalmente
Spirito Santo, e arrossisce fin da ora al ricordo di ciò che
l'Arcangelo Gabriele annunziò a Maria.
Curzio Suckert